Un intruso in Crimea – Par. 4

Solo nel 1852 il telegrafo elettrico, quello di Morse, fu aperto al pubblico, sia pur con molte restrizioni. E fu una stagione del tutto nuova per l’informazione: le notizie potevano spostarsi molto più rapidamente delle persone.

Forte rimase, comunque, il controllo di tipo militare sulle reti telegrafiche. Quando francesi e inglesi, (coadiuvati da piemontesi e turchi) scesero in campo in Crimea, nel 1853, contro la zar, misero a punto un sistema di collegamento tra gli Stati Maggiori e i corpi d’armata. Un cavo sottomarino fu posato sul fondo del Mar Nero per assicurare, per tutta la durata del conflitto, il legame diretto tra Londra e Parigi.

Se ne giovò anche la stampa, che poteva finalmente far pervenire i suoi dispacci in tempo reale.
Nacque la figura del corrispondente di guerra. Il “Times” spedì in Crimea William Russell, il “Lonon Daily News” Edwin Lawrwnce Godkin. Il primo si comprò un cavallo per perlustrare la zona dietro la prima linea. Il contatto con i soldati era ifficile ( sarà questo, quasi un secolo e mezzo dopo, con altri mezzi e con ben più efficaci risultati, il grande tema della manipolazione informativa durante la Guerra del Golfo).

Ovunque, il giornalista era respinto agli ufficiali. Cominciò allora a interrogare i feriti e i reduci dal fronte, ricavando informazioni spesso contraddittorie.

Ogni azione censoria fu tuttavia impossibile quando il 25 ottobre del 1854 la cavalleria inglese fu massacrata dai cannoni di Balaclava.
Russell era là. In genere, accompagnava le sue corrispondenze, destinate alla pubblicazione, con messaggi riservati al direttore, in cui esponeva più crudamente i dati della situazione, formulava critiche agli alti comandi, attaccava personalmente lord Raglan, il capo della spedizione inglese (forse è sulla base i questo precedente di cronache pubbliche e critiche private – ha notato ironicamente una studiosa italiana, Rossella Savarese – che “il giornalismo anglosassone ha finito per caratterizzarsi sulla formula “i fatti distinti dalle opinioni”).
Nella nuda descrizione dell’accaduto destinata ai lettori, infarcita di qualche espressione retorica, Russell riuscì tuttavia a trasmettere il senso del massacro e della disfatta militare.
Ecco un brano della sua prosa:

“Alle undici e dieci, la nostra brigata di cavalleria leggera si fece sotto..sfilando superba, sfavillante nel sole mattutino, in tutto il suo fulgore guerresco. A 1200 metri i distanza, l’intero schieramento nemico vomitò da trenta bocche di fuoco un torrente di fumo e di fiamme. Il punto d’arrivo delle traiettorie fu segnato da istantanei vuoti nei nostri ranghi, da uomini e cavalli morti, da destrieri feriti e privi di cavalieri, in fuga nella pianura.
A ranghi assottigliati, con un alone d’acciaio attorno al capo e lanciando un urlo che per questi generosi fu anche il grido della morte, i cavalleggeri si gettarono nella nube di fumo, ma prima ancora che scomparissero dalla vista, la piana era già cosparsa dei loro corpi… Alle undici e trentacinque minuti, non un solo soldato britannico all’infuori dei morti e dei morenti restava davanti ai cannoni moscoviti”.

Le corrispondenze dalla Crimea ebbero un impatto molto forte sull’opinione pubblica britannica. Gli Stati Maggiori cercarono così di reagire, utilizzando i due classici strumenti del potere nei confronti dell’informazione: la censura e la manipolazione (meglio, un primo, rozzo tentativo di fabbricazione delle notizie, di “new management” si sarebbe detto cent’anni dopo).
Russell fu accusato di avere svelato al nemico, con i suoi articoli, elementi essenziali del dispositivo militare inglese.
Parallalemante, fu dato incarico ad un fotografo famoso – Roger Fenton, uno dei fondatori della Royal Photografic Society – di preparare per i giornali fotoreportage di guerra che testimoniassero l’eccellente situazione della truppa.

Ormai da oltre vent’anni (i primi sistemi di fissaggio delle immagini su lastra erano stati messi a punto dal francese Daguerre attorno al 1830), la foto era comunemente usata nella ritrattistica e nell’illustrazione: ora era posta, apparentemente, al servizio del giornalismo.
Fenton – che pure in una lettera riservata rivelò di aver visto scene terrificanti, come quelle di scheletri che ancora calzavano le scarpe o di cadaveri sotterrati a metà – svolse bene il suo lavoro di informazione guidata: fotografò le tavole imbandite degli ufficiali, il sorriso degli zuavi e dei turchi, il cipiglio del comandante in capo lord Raglan.
Nelle sue 360 lastre, ha commentato un osservatore, “la guerra appariva come un picnic”.

Nel febbraio del 1856, un mese prima della firma del trattato di pace, il governo britannico decise di mettere fine al libero esercizio del giornalismo. Un decreto rese obbligatorio l’accreditamento da parte delle autorità militari.

Contemporaneamente, il nuovo comanante in Crimea William Codrington, emanò un ordine del giorno permanente che proibiva la pubblicazione “Di particolari utili al nemico” e autorizzava l’espulsione dei corrispondenti.

William Russell, che i suoi editori avevano difeso tenacemente, tornò a casa pochi giorni dopo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *