Manipolare senza mentire

Educazione ai media
Manipolare senza mentire

 

Se è vero che la menzogna pura e semplice viene praticata nel mondo delle comunicazioni di massa, è altrettanto vero che mentire spudoratamente è pericoloso ed espone chi lo fa a seri rischi di perdere la faccia, nonchè ogni futura credibilità . Per questo nella stragrande maggioranza dei casi la manipolazione a cui siamo esposti altro non è che un uso sapiente di “mezze verità”.
Nelle Scienze della Comunicazione, si parla di “codifica selettiva”: l’uso della mezza verità  presuppone che il manipolatore si concentri non tanto sulla parte manifesta del messaggio, quanto invece su quella nascosta, quella che viene “lasciata intendere”.
In altre parole, mentre la menzogna sfacciata è la manipolazione di quella parte del messaggio che giunge direttamente agli occhi e alle orecchie del pubblico, la “codifica selettiva”è la manipolazione di ciò che si scommette verrà  dedotto dai destinatari: si gioca con le riflessioni e le naturali conseguenze che vengono tratte dopo aver ricevuto un messaggio. L’uso sapiente di questa strategia e di tutte le tecniche che ne discendono permette, a chi ne abbia l’intenzione, di mistificare e manipolare senza essere costretto a mentire esplicitamente in alcun modo.L’aggettivo “selettiva”dipende dal fatto che la costruzione di una mezza verità  passa per le diverse fasi di selezione della notizia. Infatti il principio fondamentale della codifica selettiva, l’accorgimento di base che garantisce al manipolatore di non dover “tecnicamente”mentire, è un principio di sottrazione: al fatto e al suo contesto si sottraggono elementi su elementi, dettagli su dettagli, fino a presentare una notizia manipolata sotto tutti i punti di vista, ma credibile e ufficialmente non imputabile di essere mendace.La codifica selettiva si manifesta quando: Si trattano alcuni eventi accentuandone la visibilità  a scapito di altri, censurati o trattati distrattamente, secondo un progetto volontario. Si pensi al Tg1 o al Tg2 a cui abbiamo assistito durante questa legislatura: la sistematica presentazione di un’Italia estranea a qualunque crisi economica, rampante e piena di fiducia, cioè di un’Italia che non è esistita e che non esiste,  un buon esempio di progetto volontario di questo tipo, perseguito attraverso la scelta di dare scarsa visibilità  ai temi della crisi, quali la “sindrome della quarta settimana” che ha investito i consumi italiani.
Daniela Tagliafico ha lasciato la vicedirezione del Tg1 in aperta polemica con il direttore Clemente Mimun, il 25 gennaio 2004, proprio lamentando questa politica del telegiornale in cui lavorava.

 Si ignora il contesto in cui l’avvenimento si colloca, perchè tale contesto sarebbe d’impaccio alle tesi che si sostengono o all’effetto che si persegue. Ogni qual volta si racconta un fatto, la naturale missione del giornalista dovrebbe essere quella di allargare il discorso e di cercare di far comprendere al pubblico quale sia il contesto in cui si dipanano le vicende di cui si sta parlando.

Quando questo non accade, più raramente si tratta di pigrizia e scarsa professionalità , più spesso si tratta di una scelta voluta. Un esempio tra i tanti possibili: nel 2003 la Corea del Nord annuncia il proprio ritiro dal Trattato di non proliferazione nucleare, e i principali media danno ampio risalto al pericolo che lo stato asiatico viene a rappresentare dopo quella decisione bellicista. Pochissimi si curano di dettagliare e circostanziare la decisione nordcoreana, e viene dato invece ampio spazio alle dichiarazioni del presidente americano Bush, che condanna l’ennesimo atto scellerato dello “stato canaglia”.
All’epoca nessuno spiegò che la Corea del Nord era stata costretta a quel passo. Nessuno illustrò le sue motivazioni. L’essenziale era presentare la Repubblica Popolare di Corea come una minaccia.

 Si mettono volontariamente in ombra alcuni personaggi coinvolti in una vicenda, a scapito di una completa descrizione dei fatti, perchè per qualche ragione si preferisce non esporli. Accade a volte nell’informazione economica, e questo configura vere e proprie collusioni tra stampa e potentati economici, nel contesto di operazioni finanziarie che devono le proprie speranze di successo all’entità  e alla quantità  di informazioni che raggiungono gli ambienti di borsa.

 Si evita di esplicitare quali sono le conseguenze di un fatto o di una decisione, perchè si preferisce che il pubblico non rifletta su di esse. Quando si fa informazione circa la legge finanziaria ed eventualmente circa misure volte a contenere la spesa pubblica, ci si premura sempre di specificare le negative conseguenze che queste misure avranno sui comuni cittadini? O non avviene forse che al telegiornale vengano snocciolate in gran fretta cifre e percentuali a scapito della massima comprensione da parte del pubblico? Se i tagli alla spesa pubblica si traducono in meno erogazioni dello Stato agli enti locali e quindi in un aumento delle tasse comunali, provinciali e regionali, è probabile che il governo costretto a prendere quelle decisioni preferisca che nei telegiornali non ci si rifletta troppo sopra.

 Nel confrontare diverse posizioni su un tema, si adottano posizioni unilaterali; oppure ci si finge neutrali, favorendo però subdolamente una delle posizioni in campo; o ancora si finge di lasciar parlare terze parti, presentate come neutrali, che in realtà  veicolano posizioni che appartengono all’emittente. Qui siamo nel campo dei talk show. Questi comportamenti sono il pane quotidiano della conduzione in studio delle trasmissioni di approfondimento politico. In particolare il lasciar parlare terze parti presentate come neutrali è una tecnica estremamente diffusa e subdola. Si tratta dell’uso degli “esperti”o dei docenti universitari, chiamati in studio a sostenere le tesi che il conduttore o i politici verso cui la trasmissione è più “vicina” preferiscono non assumere in prima persona.
Un “esperto”o un professore dell’università  tal de tali, possono dare credibilità  a posizioni che se venissero sostenute dal conduttore o dagli ospiti in trasmissione, darebbero adito al sospetto di faziosità  dell’impianto generale del programma.
Nel prossimo appuntamento con la rubrica “La Grammatica della Manipolazione”, affronteremo la “tematizzazione”, una strategia manipolatoria molto potente, capace di orientare efficacemente le opinioni pubbliche.

di Paolo Jormi Bianchi

I contenuti di questa rubrica, con ulteriori aggiunte e riflessioni, sono ispirati da “Il problema della manipolazione: peccato originale dei media?di Guido Gili, Editore Franco Angeli, 2001

 

di Paolo Jormi Bianchi – da Megachip pagina nazionale – 27 Ottobre 07

 

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